Mostra personale “Risonanze interiori”, Palazzo Pantelleria, Palermo
Testo critico di Daniela Brignone
Risonanze interiori
Alessandra Spina gioca con la sua pittura, un po’ enigmatica, portatrice di un senso di eternità e di un velo di mistero che invita l’osservatore a indagare le intime profondità. Le immagini diventano simboli o metafore di concetti nascosti dietro l’apparenza di un mondo visibile, dietro la quotidianità e l’uniformità del collettivo.
I colori sono caldi, nitidi, intensi, contrastanti, in un accostamento audace ma armonioso di densità e rarefazioni; rievocano passioni e sentimenti, cosi come le immagini che coinvolgono l’osservatore in un turbinio di sensazioni che giocano con la fantasia e la curiosità, lo stupore e l’illusorietà. Tutte le forme scaturiscono dall’occhio appassionato dell’artista a suscitare momenti di intensa contemplazione di silenzio e immobilità. Contorni netti sono delineati attorno a figure-manichino prive di lineamenti, spesso decostruite cromaticamente perché uniformate allo sfondo, in una sospensione spaziale e temporale in cui si perdono i riferimenti prospettici che nascondono una complessità dietro l’apparente semplicità. Spina da loro un’attribuzione femminile; sono donne in varie pose, simboli arcani in spazi rarefatti e deserti, presenze mute apparentemente frammentate e prive di vita, delle quali cancella le riconoscibilità formali, dispiegandole nel loro proprio valore, costruendone così una nuova storia.
L’inquadratura di un particolare o la frammentazione ci portano ad intuire la totalità, dilatata in uno spazio indefinito. In cui il linguaggio dell’artista si traduce in un tutt’uno con il nostro complesso sentire. L’artista ne elimina le inutili sottigliezze sottolineando, invece, i contrasti e le relazioni che infondono agli elementi del disegno un proprio ritmo vitale, l’energia di cui è intrisa la realtà, esprimendone una propria visione del mondo e puntando su ciò che si nasconde dietro il visibile per fermare l’essenza, alla ricerca di un equilibrio tra elemento concreto e la sua astrazione.
Spina invita ad interrogarsi sul significato della vita e delle cose, sul perché dell’esistenza in una dimensione di lirismo sottile, ascolto interiore in cui coglie pochi elementi vitali, di cui l’artista stessa ricerca il corpo e l’anima. Le sue protagoniste, la cui inerzia è solo apparente, nascondono il peso della loro esperienza personale, schiacciate dalle convenienze sociali.
Lo spazio esterno è ristretto sulla figura umana o un suo particolare, come a voler concentrare l’attenzione sulle necessità interiori, in un’elaborazione di un linguaggio emotivo che percepisce gli stimoli del reale, enfatizzato dal colore, cupo o vibrante, miscuglio di chiarore e di oscurità, di cui esplora la ricchezza di possibili rapporti cromatici, ad esprimere una sinergia archetipica di terra, aria e fuoco.
Ecco, quindi, il significato del titolo che porta il riferimento alle risonanze interiori di Kandinskij, a quella poetica delle cose comuni che tocca le corde dell’anime, un momento catartico che, attraverso le emozioni, le percezioni dei colori, i suoni e le memorie, porta alla liberazione da ciò che è accessorio e privo di senso.